LE RAGIONI DI UNA SCELTA…DI COERENZA E BUON SENSO

La ripresa del campionato di Eccellenza (in realtà si tratterà di una competizione ex novo, che annullerà i risultati sportivi già ottenuti nei mesi di settembre ed ottobre) è stata presentata dal Comitato Regionale Piemonte Valle d’Aosta come una opportunità e non un obbligo.

L’opportunità implica una scelta libera e consapevole. Ma opportunità, a ben vedere, dovrebbe anche essere caratteristica di ciò che è o che appare favorevole o quantomeno conveniente. Una semantica che si scontra con un contesto generale drammatico (dovuto alla situazione pandemica in progressivo ed inesorabile peggioramento) e con uno scenario indecifrabile (un salto nel buio) che prefigura solo rischi, incertezze, criticità, sotto molteplici punti di vista. 

Il Vanchiglia ha scelto di non ripartire.

E sono diversi i motivi che ci hanno spinto a prendere questa decisione.

Con una doverosa premessa: alle Società che hanno deciso di ripartire va il nostro rispetto e facciamo loro i nostri migliori auguri per il torneo a cui parteciperanno.

Iniziamo dall’analisi dell’aspetto sanitario: siamo nel bel mezzo di una pandemia, con tutto quello che sta accadendo, tra possibili nuovi lockdown e nuove varianti del virus, con contagi, malati e morti in aumento, non ci è sembrato opportuno esporre i nostri tesserati ed i loro affetti, a rischi di contagio o ad essere loro stessi veicolo di contagio. Il protocollo da rispettare in caso di ripartenza, è quello proposto per la serie D, di cui noi, ad oggi, non conosciamo gli aspetti maggiormente sensibili, procedurali e organizzativi, se non che è stato predisposto per realtà professionistiche e semiprofessionistiche: test antigienici 48/72 ore prima della gara a tutto il gruppo squadra (compreso lo staff) e l’esigenza dello stesso gruppo squadra di vivere in una sorta di bolla sociale. Citiamo letteralmente estratti del protocollo: “il divieto di attività sociali che comportino la presenza contemporanea di più componenti il gruppo squadra; (…) interdizione di ogni attività sociale al di fuori del gruppo squadra effettuata senza rispetto delle precauzioni generali suddette (lavoro, scuola, familiari non conviventi, conoscenti ecc.), che rappresenti un concreto pericolo di contagio da parte dei singoli componenti il gruppo squadra (ad esempio, cene tra atleti o con amici, feste, conferenze, riunioni di qualsiasi tipo, etc.)

Il secondo aspetto è prettamente sportivo: la partecipazione al nuovo torneo è su base volontaria e non ci saranno retrocessioni. In sostanza: sia che non si partecipi, sia che si arrivi secondi, sia che si arrivi ultimi, è la stessa cosa. E questo è un fattore demotivante non eludibile, che rischia di compromettere il senso stesso di una competizione che in realtà non lo è. Se non per chi ha ambizioni di promozione in Serie D. Tra l’altro, il campionato dovrebbe ripartire l’11 aprile, ma ad oggi – dopo circa 5 mesi di inattività – non c’è ancora il riconoscimento dell’interesse nazionale da parte del CONI, pertanto non è ancora possibile svolgere allenamenti in forma collettiva.

Senza dubbio, c’è poi da affrontare l’aspetto economico. E non ci riferiamo alla sola dimensione delle società di calcio, ma di qualunque altra impresa o attività. Riteniamo inopportuno in questo momento andare a disperdere risorse economiche, con il rischio che questo possa avere ripercussioni sulla prossima stagione calcistica. Ricordiamo che, quando parliamo di Vanchiglia, non parliamo solo di una squadra che milita in Eccellenza, ma di una società a cui appartengono 408 tesserati (cui sono da aggiungere 97 tra allenatori, istruttori, preparatori atletici, preparatori dei portieri, dirigenti, addetti ai campi, volontari), dalla scuola calcio al settore giovanile fino alla prima squadra, settori che vogliamo tutelare il più possibile, e rispettare.

Nel mese di gennaio 2021 c’eravamo detti disposti a riprendere il campionato di Eccellenza, ma a condizione che tutte le altre categorie (settore giovanile ed attività di base) sarebbero ripartite, perché la vera emergenza ed il vero interesse nazionale riguarda proprio i giovani, il loro bisogno di socializzare, il loro desiderio di fare sport. Ecco perché, a distanza di due mesi, non essendoci ancora nessuno spiraglio per la ripartenza dei più giovani, abbiamo scelto di non ripartire neanche con l’Eccellenza.  

Infine, non possiamo sottovalutare la dimensione etica. Giocare mettendo a rischio la salute dei nostri tesserati e delle loro famiglie, nonché di tutti coloro che operano a vario titolo e volontariamente per la nostra società, ostacolerebbe le emozioni e la naturalezza del semplice ritornare in campo: il calcio è uno sport genuino, è divertimento e passione. E tornare in campo a queste condizioni è molto più difficile di quanto si creda. Per quanto la nostra decisione è stata difficile, ma allo stesso condivisa da tutti, e riteniamo sia l’unica possibile, figlia del buon senso, oltre che della coerenza.

Siamo i primi che non vedono l’ora di tornare in campo per emozionarci ancora, ma vogliamo farlo come siamo abituati a farlo.

Forse le cose stanno cambiando, forse dovremmo adattare le nostre abitudini ai tempi ed alle necessità. Forse dovremmo ripensare anche il nostro stesso modo di concepire il nostro amato sport.

Ma una cosa non è in forse: siamo dilettanti, orgogliosamente dilettanti. Viviamo di passione e sacrificio. Viviamo per il calcio e non di calcio. Per tutto questo abbiamo deciso di non cogliere questa opportunità, perché non ci siamo dimenticati a quale mondo apparteniamo. Siamo dilettanti e tali vogliamo restare.

Forza Vanchiglia!